mercoledì 25 febbraio 2009

Riječki Karneval 2009


Generalmente non amo partecipare ad eventi dove l'affollamento di gente sia vasto, ma quest'anno mi sono casualmente e piacevolmente trovata al Carnevale di Rijeka.

Complice un tempo atmosferico propizio e primaverile, come non succedeva da tempo, ho potuto godermi la giornata conclusiva di un periodo allegro che qui è denominato “la quinta stagione”, essendo diverso da ogni altro dell'anno; un periodo caratterizzato da un dilagante stato di insolita follia, in cui prevalgono il rovesciamento del quotidiano e gli eccessi.
Non a caso infatti, motto del 2009 è stato: “Sii quel che ti pare e vieni al Carnevale di Fiume!”.
La ventiseiesima edizione quest'ultima, una manifestazione carnevalesca internazionale annoverata tra le più importanti a livello mondiale, molto festosa e frequentata, iniziata il 23 gennaio con l'elezione della Regina del Carnevale e la cerimonia della consegna delle chiavi della città, culminata il 22 febbraio con la sfilata dei carri allegorici e di 10mila maschere che hanno allietato all'incirca 150mila spettatori, fra i quali molti turisti provenienti da ogni dove. Insomma, si è trattato di uno spettacolo coinvolgente, che ha visto la maggior parte dei partecipanti ben camuffati e mimetizzati tra le “maschere ufficiali” in una particolare atmosfera armonizzata da un melange di sgargianti colori, festosi canti e danze, profumate e golose cibarie tipiche, che si è protratto magicamente fino a notte fonda.

Questa manifestazione non è che l'epilogo di un tempo di preparazione alla Quaresima, molto sentito in tutta l'area del Quarnaro, dove si continuano a coltivare le tradizioni rituali antiche e sono assai radicati gli usi e i costumi locali.
Fra gennaio e febbraio in molti paesi si accendono falò sacrificali per bruciare il “pust” (per esteso “mesopust”), un fantoccio accusato di essere colpevole per ogni vizio e magagna personale e sociale, che subisce un processo farsesco e viene condannato al rogo in vista della purificazione generale e per allontanare la malasorte.
Di buon auspicio in questi giorni è anche la presenza degli scampanatori, ben allenati omoni che vagano di villaggio in villaggio per giornate intere, propiziando una veloce fine dell'inverno e lo sbocciare della primavera.
Sono maschere con caratteristiche diverse a seconda della provenienza, che rappresentano esseri infernali, morti, spiriti, le forze legate al sottosuolo insomma, spaventose, ma capaci di favorire il risveglio della terra.
Qui sono denominati Zvončari e indossano campane, che vengono agitate per produrre un particolare ritmo musicale, diverso e distintivo per ciascun gruppo, ma sempre molto festoso.
I campanacci sono infatti benaugurali, legati al bestiame e servono ad allontanare presenze ostili. Per questa ragione alcune maschere assumono la sembianza di animali, indossando pelli ribaltate di pecora. Altre si distinguono dai cappelli rivestiti da fiori di carta colorata e altre ancora si ornano il capo con nastri variopinti, tutti simboli primaverili, che in una sorta di rito di fertilità indicano l'auspicio di un'annata propizia e feconda.

Inaspettatamente quindi, ma assolutamente positivamente ho assaporato una piccola straordinaria nuova esperienza, il Riječki Karneval appunto, che mi ha sicuramente arricchita interiormente e che possibilmente vorrei ripetere ed approfondire.

giovedì 12 febbraio 2009

San Valentino


La mia preferita fra le leggende che spiegano perché San Valentino sia considerato il patrono degli innamorati è quella dei colombini.
Da sacerdote Valentino coltivava personalmente il suo giardino e permetteva ai bambini di accedervi per giocare. Ma un giorno fu incarcerato a vita e il giardino rimase chiuso. Pensava continuamente ai suoi bambini, tristi, non avendo più dove stare spensierati. Fu così che per un misterioso prodigio due dei piccioni viaggiatori che aveva allevato sfuggirono al custode, raggiunsero le sbarre della sua cella e presero a tubare fortemente. Riconoscendoli, il sacerdote li prese, li accarezzò e poi legò al collo di uno un sacchettino a forma di cuore contenente un biglietto e a quello dell'altro una chiavetta. I piccioni, rincasati, furono accolti con gioia. La chiavetta riaprì il giardino che presto fu ripopolato dai festosi pargoli; sul biglietto, che il custode lesse ai fedeli, appositamente radunati all'esterno del giardino, c'era scritto: “A tutti i bambini che amo... dal vostro Valentino”.

In quest'epoca postmoderna o ipermoderna che preferir si voglia, in cui poliamore e “forme di amore diverso” dilagano, in cui i never married sono molti più che in passato (in Veneto i celibi sopra i 24 anni sono ormai il 27% e le nubili il 18%), credo sia decisamente appropriato festeggiare l'amore in senso lato, piuttosto che quello classico e romantico al quale siamo forse stati abituati sin da bambini, quello cioè delle fiabe che terminavano sempre con con l'happy end, con la fatidica frase “...e vissero felici e conteni...”.
Del resto non sappiamo cosa succedesse in realtà dopo la fase iniziale di innamoramento fra la bella fanciulla ed il suo principe azzurro, visto che la storia qui finiva.
Ritengo tuttavia che i bambini di oggi, sulla base talvolta di dolorose esperienze, di rotture famigliari e persino di ambigue e magari sgradevoli ricostituzioni, non si lascino più abbindolare da una fantasia fiabesca di tal specie.
Del resto sin da tempi remoti l'amore non è sempre stato un idillio, basti pensare ai nostri progenitori Adamo ed Eva, che hanno dato il via ad una serie interminabile di catastrofi.

Spulciando fra i miei ricordi di coppie famose ho notato, infatti, che quelle felici sono prevalentemente fantastiche, fumettistiche, come “Orazio e Clarabella”, un cavallo ed una mucca umanizzati, eternamente fidanzati, che incarnano valori ed ideali degli Stati Uniti di un secolo fa. Oppure mi sovviene il cartone che racconta di “Lilli e il Vagabondo”: la bellissima storia di una cagnetta viziata e coccolata, che viene improvvisamente privata delle attenzioni dei padroni a causa del loro neonato; per gelosia fugge, finisce nelle sgrinfie dell'accalappiacani, ma viene salvata dal randagio Biagio, che poi la aiuta a salvare il neonato da un gigantesco topo, guadagnandosi entrambi la possibilità di convolare felicemente a vivere a casa dei padroni di Lilli.
Non posso però evitare di citare Goethe, eccelso e romanticissimo cantore del più nobile amore, ma uomo che persino nella vecchiaia tanto soffrì innamorandosi di una minorenne.
Ci sono poi amori bellissimi, perfino platonici e sublimati, come quello di Dante, che fanciullo si innamorò di Beatrice al punto di rischiare a sua volta la morte quando precocemente la perse e di renderla immortale attraverso la sua opera letteraria. Forse memore del suo grande dolore egli colloca Paolo e Francesca all'inferno, ma eternamente insieme. Francesca fu indotta con l'inganno a sposare uno storpio, fratello proprio di quel Paolo in compagnia del quale, cercando castamente conforto, fu sorpresa dal marito, che li unì per sempre nell'abbraccio della morte.
Legato agli inferi è anche un altro amore, mitologico, non realmente vissuto, ma altrettanto meraviglioso e suggestivo; mi riferisco ad Orfeo ed Euridice. Orfeo, poeta e musico inestimabile, commosse a tal punto gli dei da ottenere che la sua innamorata Euridice, morta per scampare ad Aristeo, follemente desideroso di possederla, fosse riportata in vita, a patto di non voltarsi mai per vederla durante il terribile tragitto da percorrere per ritornare alla terra. Ma ciò non fu possibile: Orfeo preoccupato per l'amata non resistette e la bella Euridice morì per la seconda volta, risucchiata dalle tenebre, ma ancora innamorata di Orfeo, che la perse definitivamente proprio per eccesso d'amore.
Forse anacronistico appare l'amore di Ulisse e Penelope, ma penso che se nella coppia ci fosse sempre almeno “una Penelope” probabilmente le rotture di coppia non esisterebbero. Penelope aspetta pazientemente per anni il ritorno di Ulisse che, a causa dell'intrinseca natura umana, si lancia inevitabilmente in viaggi avventurosi, per tornare a farsi leccare le altrettanto inevitabili ferite riportate e viene comunque accolto amorevolmente, nonostante tutto.
Ma neanche nella mitologia c'è sempre il lieto fine e gioia. Ad esempio Paride, che insignì Afrodite del titolo di “Miss Olimpo” e in cambio ottenne che gli fosse garantito l'amore della donna più bella al mondo, Elena, sottraendola al marito Menelao per sposarla a sua volta e renderla notoriamente Elena di Troia.
Spesso quindi l'amore è piuttosto la risposta a banali pulsioni e passioni effimere, piuttosto che un sentimento alto e nobile. A tal proposito, e concludo questa mia lista di coppie famose che sarebbe invece lunghissima, ricordo Poppea e Nerone. Poppea voleva essere ad ogni costo imperatrice e riuscì a destare la passione di Nerone che per lei arrivò persino ad uccidere la propria madre, che lo ammoniva nei confronti dell'amata, e la rese la sua potente e crudele sposa.

Sembrerebbe che gli amori felici non esistano, a giudicare dagli episodi citati e dunque ci sarebbe forse poco da festeggiare nei prossimi giorni.
L'amore è indubbiamente un sentimento complesso e se viene idealizzato troppo finisce inevitabilmente per deludere.
Non va però demonizzato, essendo il motore della vita e la fonte principale di serenità per qualsiasi essere umano, a prescindere dalla durata, dall'aspetto e dalle sfaccettature che può presentare, a patto che l'elemento fondante ne sia la gratuità. E' inutile amare aspettandosi di essere assolutamente ricambiati, dare per ricevere; e non importa chi e come si ama, visto che la felicità scaturisce e dipende proprio da un dono incondizionato.
Ben venga pertanto la festa di San Valentino a suggellare un positivo flusso di sentimenti, emozioni e persino di denaro, visto che attraverso lo scambio di oggetti è possibile fissare il ricordo di momenti gradevoli, per riviverli successivamente attraverso il ricordo e dato che l'aspetto materiale-consumistico dell'evento, in questo periodo di crisi economica, potrebbe essere utile nei confronti del mercato, ma potrebbe persino aiutarci a riconquistare un po' di fiducia nella nostra capacità d'acquisto, con conseguenti ripercussioni positive sul nostro modo di vivere.
Largo quindi a sogni e speranze e regali, del resto: “chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza”.

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