mercoledì 9 giugno 2010

Knin, 15 anni dopo


Za dom! Spremni!” (“Per la patria! Pronti!”) sono queste parole che la mia mente rievoca, mentre viaggio verso Knin.
Za dom!”  grida un soldato e i commilitoni rispondono in coro “Spremni!”. E' il secolare grido di guerra croato, noto come slogan ustascia e considerato fuorilegge ai tempi della Jugoslavia di Tito, ma è anche l'incipit di una canzone patriottica degli anni Novanta, volta a far breccia nell'opinione pubblica occidentale e a conquistarne l'appoggio. L'ha scritta Marko Perkovic, originario della Zagora Dalmata, che poi partecipa alla guerra di liberazione croata del 1995.
Un centinaio di chilometri da Zadar, circa due ore di marcia, nel cuore della Krajina, esteso altopiano sassoso, a tratti verdeggiante, qualche agglomerato di case, alcune nuove, altre in costruzione o restaurate alla meno peggio, molte ancora inabitabili, distrutte dalla guerra e con i segni evidenti di un passato scomodo ed indimenticabile. Cinquantacinque chilometri a nordest di Sibenik, la città ebbe grande importanza geostrategica nel passato e più recentemente ricoprì particolare importanza nazionale per l'industria ed il commercio.
Le bellezze paesaggistiche sono notevoli, corsi d'acqua, cascate ed una rigogliosa vegetazione  contraddistinguono il parco naturale del fiume Krka, mentre resti archeologici testimoniano la presenza di antichi insediamenti.
Alle porte della città sosta per il caffè, e soprattutto per curiosare la cottura di un agnello allo spiedo, che si svolge per strada, ma che appare triste e senza l'entusiasmo che ci si potrebbe aspettare. E' Pasqua, ma la chiesa austera ed antica è chiusa, infatti svetta il vessillo serbo. Volgendo lo sguardo altrove l'altra chiesa, nuova e scintillante, dove si stanno affollando giovani eleganti che con riti comunque orientaleggianti si apprestano a recitare preghiere di preludio alla messa. 
E' successo anche il contrario, ma l'effetto che questa contrapposizione etnica provoca è sempre e comunque agghiacciante.
Knin infatti è la città che in quattro anni è stata ferocemente e brutalmente svuotata ben due volte dei suoi abitanti.
Nel 1991 inizia l'esodo croato, ad opera dell'Armata Popolare di Milan Martic, presidente dell'autoproclamata  Repubblica Serba di Krajina, condannato nel 2007 dal Tribunale Internazionale per la ex-Jugoslavia a 35 anni di carcere per crimini contro l'umanità e campagne di pulizia etnica: sono 80mila i fuggitivi.
Nel 1995, in pochissimi giorni, l'Operazione Olujia (Tempesta) spazza via il microstato serbo. Ante Gotovina, con il tacito favore degli USA e della Nato, conduce l'offensiva. I profughi, serbi questa volta, sono 2-300mila, secondo la stima di Giacomo Scotti. Il generale Gotovina resta latitante per anni, protetto, pare, dai vertici croati e perfino da quelli vaticani. Accusato di crimini di guerra, per i quali si professa innocente, nel 2005 viene estradato all'Aia e il suo processo inizia nel 2008.
A testimoniare gli splendori del passato sul monte Spas si erge l'imponente e maestosa fortezza turco/veneziana, perfettamente conservata e decisamente in contrasto con la restante architettura della città. 
A partire dal 1991 le bande paramilitari serbe,  a dispetto di qualsiasi convenzione di diritto internazionale, terrorizzano e costringono con la violenza le genti di etnia nemica alla fuga. Esse adibiscono proprio questo luogo a base e a prigione.
Kapetan Dragan, serbo immigrato in Australia è uno di loro. Rientrato nella patria natia con lo scoppio della guerra, fonda e comanda il gruppo dei Berretti Rossi. Nel 2006 viene arrestato dalle autorità australiane, che però inizialmente non ne consentono l'estradizione in Croazia, convinte che le sue idee politiche non consentirebbero lo svolgimento di un processo equo. Il 30 marzo scorso però la Suprema Corte australiana ribalta questa sentenza ed il 13 maggio, mentre si trova in fuga dall'Interpool, viene acciuffato.
Ad agosto del 1995, nel giorno della riconquista croata, la fortezza viene insignita di un’immensa bandiera e Tudjman, alludendo alla realizzazione della pulizia etnica effettuata, esclama: "Finalmente il tumore serbo è stato strappato dalla carne croata!".
Tuttavia Knin non appare in buona salute, bensì come una città fantasma, distrutta e senza energia elettrica, dove pochi dei croati espulsi nel 1991 rientrano, sostituiti da altri profughi, provenienti soprattutto dalla Bosnia. 
Pochissimi sono anche i serbi, soprattutto anziani:  soltanto a partire dalla fine del 1999 è loro concesso di rientrare, ma come apolidi e seguendo un iter burocratico difficile e scoraggiante.
Dopo quindici anni, Knin è una città a stragrande maggiorata croata, anche se proveniente da un bizzarro scambio di popolazioni tipico dell'ex-Jugoslavia. 
Non ci sono più industrie, la disoccupazione è devastante, nonostante la popolazione sia la più giovane di tutta la Croazia (circa il 40% degli abitanti nel 2004 avevano meno di trenta anni). E da nodo ferroviario di importanza strategica nazionale quale era, sì è ridotto a binario morto.
Così si spiega come qui, più che in qualsiasi altro posto della ex Jugoslavia si percepisca un sentimento di sconfitta, disorientamento, fors'anche di apatia. 
Probabilmente bisognerebbe dunque tenere un po' più conto della situazione della Krajina quando si valuta di portare la Croazia nell'Unione Europea, perché Croazia non è soltanto quella nota e ambita della costa, con belle città turistiche come Rijeka, Split o Dubrovnik, e soprattutto  bisognerebbe prima portare qui un po' di Europa, a redenzione da tanta tristezza.

giovedì 21 gennaio 2010

Capatina in Foresta Nera e dintorni

29 dicembre. Il clima è mite e sono già sveglia, nonostante l'ora per me insolita; sono le 5 del mattino e mi trovo in viaggio verso la Foresta Nera.
Abbiamo a disposizione soltanto pochi giorni, ma prevedibilmente molto intensi, visto che visiteremo luoghi densi di cultura e paesaggisticamente ricchi - peraltro sicuramente adatti alla stagione - che non ho ancora avuto l'opportunità di conoscere.
L'hotel designato ai pernottamenti si trova in una posizione strategica, non molto distante dalle mete che ci siamo prefissati, nel Baden-Wurttemberg e precisamente ad Oberharmersbach - cioè “la terra degli orsi” - che qui pare trovino un habitat naturale, ma che non incontreremo, visto che si tratta del loro periodo di letargo.
Ci attende un intero giorno di marcia, quindi è bene iniziare la giornata con qualcosa di corroborante ed è in territorio austriaco che ci fermiamo per la colazione.
Croissant e caffè: un'unione particolare e prelibata che proprio in un autogrill di frontiera assumono un sapore significativo, con un retrogusto di storia e filosofie antiche e diverse.

Correva infatti l'anno 1683 quando gli “Infedeli” tentarono per la seconda volta di conquistare Vienna - ci avevano già provato, con esito negativo, nel 1529 - assediandola per due mesi. I turchi tentarono di penetrare nella capitale asburgica attraverso gallerie scavate nottetempo, ma i fornai viennesi, sentendo rumori sospetti provenienti dal sottosuolo sventarono l'attacco. A difesa di Vienna arrivò re Giovanni di Polonia, che costrinse gli assalitori a fuga precipitosa. Nei loro accampamenti furono reperiti alcuni sacchi di caffè, che, non essendo tostato e presentando un colore verdastro, inizialmente fu scambiato per mangime da cammelli, rischiando di finire nel Danubio. Fu Kolschirzky, un polacco residente a Vienna, ad accorgersi di cosa realmente si trattasse e successivamente aprì il primo caffè, inteso come locale, dando il via alla fortuna dei caffè viennesi.
Ai panettieri fu chiesto invece di creare un dolce che rimanesse a futura memoria della vittoria della cristianità ed un certo Vendler creò una brioche a forma di mezzaluna, ad indicare quella mezzaluna presente sui vessili nemici. Scelse un nome provocatorio ed ironico, croissant, cioè crescente, visto che dopo la batosta subita la mezzaluna turca cominciava a divenire calante: qualcosa tipo “turco, attento che ti mangio!”.

Non saprei preferirne uno, fra i luoghi raggiunti, perchè tutti presentano specifiche particolarità e di tutti ho interiorizzato qualcosa, nella speranza di poterli ritrovare, con più calma e dedicando maggiore attenzione ad ognuno di essi, magari in satagioni diverse, cogliendo quindi sfumature e provando emozioni differenti.
Mi limiterò pertanto a fissare nel ricordo quanto ho potuto comprendere, procedendo secondo l'ordine di visita.

Strasburgo si trova sulle dolci colline alsaziane, fra i monti Vosgi ed il Reno. Questo nome significa crocivia, infatti è una città con identità binazionale e biculturale, tradizioni latine e germaniche e proprio in virtù di questo è stata scelta quale sede del Parlamento europeo. Ospita una prestigiosa università, dove Goethe studiò legge.
Sui tetti è facile scorgere i nidi delle cicogne, tipiche del luogo, per le quali viene fatta una campagna di salvaguardia.

Un'intera zona della città è stata dichiarata patrimonio dell'umanità, si tratta della Grand Ile ed è da qui che iniziamo la suggestiva visita della città.
Percorriamo piazze, aree pedonali e attraverso vie gremite di case, negozi e botteghe - rigorosamente a graticcio - giungiamo alla maestosa ed imponente cattedrale di Notre Dame.
E' un autentico e spettacolare capolavoro gotico, edificato nell'arco di più secoli. Nella facciata occidentale la guglia raggiunge un'altezza di ben 142 metri, mentre la sua gemella, che doveva ergersi a sud, non è mai stata realizzata.
Le vetrate creano una luce particolare, persino in una giornata grigia ed invernale.
L'organo è dorato e coloratissimo, e l'orologio astronomico è un'autentica particolarità: grazie ad un sofisticato meccanismo interno del 1842 scandisce ancora lo scorrere del tempo e alle 12,30 batte quotidianamente il mezzogiorno solare.

Gengenbach è un delizioso paesotto della Foresta Nera, dove da dodici anni nel periodo prenatalizio il palazzo municipale si trasforma in una grande attrazione, diventando il più grande calendario dell’Avvento al mondo.
Dal 30 novembre al 23 dicembre, infatti, durante un quotidiano rituale che avviene puntualmente alle ore 18, una delle 24 finestre del palazzo viene aperta. I visitatori - ben 120 mila nel 2008 - provengono da ogni dove per poter partecipare all'evento e per ammirare tale calendario, con le sue luci, le decorazioni e la musica in sottofondo. Gli anni scorsi le finestre municipali sono state addobbate da vari rinomati artisti ed illustratori di libri.
Quest’anno, sulla facciata in stile classico, abbiamo potuto ammirare 24 fantastici disegni tratti dal “Libro dei canti” del settantasettenne illustratore tedesco Tomi Ungerer.
Nei pressi del municipio un caratteristico mercatino di Natale pomeridiano, e all’interno del Palazzo Lowenberg una mostra su Tomi Ungerer, con tutte le sue affascinanti e originali illustrazioni.

Friburgo si estende fra la pianura del Reno e le colline della Foresta Nera nel luogo più caldo e soleggiato della Germania, ricco di vigneti pregiati.
Ospita un'antica e prestigiosa università (fondata nel 1457), che la rende una città vivace e gremita di giovani.
Originali i caratteristici ruscelli (Bachle) che attraversando le vie del centro storico donano un tocco inimitabile alla città e che ci accompagnano fino al Munster, la cattedrale in stile squisitamente gotico.

La sua pregevole torre campanaria è alta 116 metri ed è il simbolo cittadino: in essa sono situate 19 campane, dal peso complessivo di 27,240 chili - fra esse una delle più antiche di Germania, la Hosanna-Glocke, del 1258.
Bellissime le vetrate e particolari i numerosi “mostruosi” doccioni, parzialmente ancora in fase di restauro dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Sarebbe stato sicuramente emozionante poter assaporare la celestiale musica profusa da più di mille canne attraverso i ben quattro organi presenti in cattedrale, che possono essere suonati assieme o singolarmente.
Intorno al Munster si raccoglie la città vecchia, con il suo mercato, ricco di profumi, colori ed una moltitudine di splendidi edifici, di diverse epoche. Notevoli le 2 porte cittadine medievali, il municipio – composto da due edifici: vecchio e nuovo – l'antica dogana ed il palazzo.

Nell'aria c'è profumo di vino caldo, che abbinato ai gustosi e tipici panini con salsiccia si rivela un'autentica delizia, veramente adatta alla nostra visita, che giunge fino alla collina del castello, dove la vista è incantevole.

Triberg, altra deliziosa amenità della Foresta Nera, è la capitale degli orologi a cucù: qui si trova il più grande orologio in legno del mondo, una casa intera dall'originale e caratteristica sembianza di orologio.

E' anche un importante centro climatico, famoso per le magnifiche cascate alte 163 metri, le più alte della Germania, che purtroppo non sono visitabili in inverno. Durante la bella stagione è consigliata una loro visita, raggiungendole con una passeggiata di circa mezz’ora nel bosco, magari fra gli scoiattoli che regnano nella foresta e si avvicinano ai turisti in cerca di cibo.
Passeggiando nel paese si possono ammirare le bellissime pareti delle case pitturate in modo artistico, ed i negozi che offrono souvenir tipici, specialmente orologi.
Un Babbo Natale perennemente arrampicato all'esterno di un'abitazione ed una slitta disegnata sul muro stesso, ci ricordano che qui si vive in atmosfera natalizia praticamente tutto l'anno.

Costanza si trova a sudovest della Germania ed è una città prevalentemente tedesca, che si affaccia sull'omonimo lago, ma alcuni suoi quartieri sono già in territorio elvetico.
Il fiume Reno, scorrendo lungo il lago stesso, divide in due la città. Noi visitiamo la zona a sud del fiume, dove c'è la città vecchia, confinante con la Svizzera, mentre non riusciamo a visitare le sue belle e famose isole.
Quello che colpisce di questo luogo pittoresco e romantico è la tranquillità che lo pervade.

Nonostante si tratti di una città universitaria e di una popolare meta turistica, i ritmi di vita appaiono come rallentati.
Il lago è circondato da colline verdeggianti e da vigne che gli donano un aspetto suggestivo.
Numerosi sono gli edifici ed i monumenti di interesse storico, in primis il Munster, alcune chiese e torri – una delle quali indica il luogo su cui sorgeva l'antico ponte medievale sul Reno.
Fra la cattedrale ed il Reno percorriamo vicoli e stradine e ci troviamo nella parte del Basso Castello, dove ci sono gli edifici più vecchi e la piazza del mercato.
Costanza fu la città natale di Ferdinand von Zeppelin (1837-1917), famoso generale e progettista di dirigibili; ce lo ricorda un monumento a lui dedicato nel parco vicino al porto - mentre la sua ex abitazione è ora un lussuoso hotel-ristorante.
Un'altra statua più recente è posta all'entrata del porto. Si tratta di Imperia, una famosa cortigiana ferrarese, che ci ricorda gli aspetti meno pii del Concilio di Costanza (1414-1418). Ella, rappresentata piuttosto formosa ed in abiti succinti, regge con le mani papa Martino V e l'imperatore Sigismondo. Il primo venne eletto durante il concilio, estromettendo i tre papi in competizione. Il secondo era in carica durante il concilio e rappresenta il potere secolare. Entrambi sono nudi, ad eccezione dei simboli del loro potere.

Un viaggio vissuto intensamente istante per istante, dunque, come previsto, ma superiore alle aspettative, nonostante il tempo decisamente umido, anche se con temperature sempre clementi.
Giorni piacevoli, che ci hanno permesso di staccare dalla quotidianità, di fare nuove amicizie e conoscere realtà diverse da quella locale, che resterammo nel nostro cuore.
Giorni non esclusivamente turistici, ma di viaggio, che ci hanno consentito, per dirla con Dante, di divenire un po' più del mondo esperti.

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